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L’iconografia cristiana della rappresentazione scenica della nascita di Cristo accolse i Magi fin da subito per significare l’universalità della salvezza.

I MagiQuelli che mai furono se non la primizia delle Genti?” scrive, infatti, Sant’Agostino a proposito dei Magi.

I Vangeli non ce ne tramandano né il numero, né i nomi e di essi ci parla solo Matteo al capitolo 2 del suo Vangelo, affermando che “alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo”. Indirizzati a Betlemme a seguito del responso dei sacerdoti, il racconto evangelico continua dicendo che “essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finchè giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre e, prostratisi, lo adorarono.”

Nel Vangelo armeno si parla di loro come di tre fratelli che “giunsero a destinazione nel momento in cui la vergine diveniva madre”.

La parola “magio” indicava l’appartenenza a una casta sacerdotale e la stessa radice della parola “mag” significa “dono” con allusione ai doni divini “dell’illuminazione, della conoscenza e della sapienza”.

La tradizione attribuisce a loro i nomi di “Balthasar”, che significa “il protetto dal Signore”; “Melkon, o Melchiorre” è “il re della luce”, mentreGaspare”, il più giovane, è “colui che ha la forza-splendore”.

Il numero tre è il numero perfetto privilegiato dalla Bibbia, secondo quanto commenta Sant’Agostino: inoltre, ricorda la totalità dell’umanità che tutta discende dai tre figli di Noè, cioè Sem, Cam e Jafet, le tre età dell’uomo, cioè la giovinezza, la maturità e la vecchiaia, e le tre parti del mondo allora conosciute, vale a dire Europa, Africa ed Asia.

Poi aprirono i loro scrigni gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.”

L’oro è segno della regalità di Cristo, l’incesso della sua divinità, la mirra è profezia della sua morte, che però diventerà , come dice ancora Sant’Agostino, medicamento salvifico per gli uomini, in quanto Cristo è il “grande medico” che guarisce l’umanità prendendo su di sè tutti i suoi peccati.

Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”.

Secondo quanto narra il vangelo apocrifo detto “dell’infanzia arabo-siriano” risalente al VII secolo, essi portarono nel loro paese come ricordo una delle fasce del Santo Bambino donate dalla Madonna; di uno di essi, Gasparre, si dice che incontrò San Tommaso quando si recò ad evangelizzare in India. Tommaso avrebbe incontrato anche gli altri Magi e li battezzò affidando loro il messaggio evangelico.

Un’altra tradizione narra che i Magi ritornarono a Gerusalemme quando Cristo venne crocifisso e lì furono martirizzati. Le loro spoglie vennero raccolte in un’unica sepoltura da Sant’Elena che le trasportò a Costantinopoli, da dove il Vescovo di Milano, Sant’Eustorgio le traslò in una Basilica fatta appositamente costruire a Milano. Nel 1164 Federico Barbarossa, distrutta la città, le portò a Colonia, dove sono ancora oggi venerate.

Il 23 agosto 1903 l’allora Arcivescovo di Milano Andrea Ferrari ottenne parte di queste reliquie che oggi sono riposte nel così detto “Trittico dei Magi” in Sant’Eustorgio.

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