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Mons. Trevisan uno dei parroci più longevi di Cormòns

Ingresso a Cormòns di mons. trevisanIl 15 novembre di dieci anni fa nella Casa sacerdotale di Gorizia moriva a 88 anni monsignor Giuseppe Trevisan. Era nato a Villesse il 9 settembre 1919 da Giuseppe Trevisan e Italia Montanari. Trascorse la sua fanciullezza nel paese natale fino all’età di 12 anni quando, educato alla severa e intelligente scuola del cormonese don Francesco Panzera, entrò in seminario a Gorizia. Il 3 giugno 1944 nella chiesa metropolitana fu ordinato sacerdote dall’arcivescovo Carlo Margotti.

La sua è stata un’intensa vita sacerdotale durata 64 anni, di cui 38 a Cormons come arciprete. La sua attività ministeriale iniziò come cooperatore a Idria dove fu inviato nel luglio 1943 in un momento difficile e tragico della seconda guerra mondiale. Rimase pochi mesi perché, complici le vicende belliche susseguitesi all’armistizio, il 20 settembre di quello stesso anno fu trasferito a Cervignano dove rimase un anno. Il 26 ottobre 1944 altra destinazione: raggiunse Capriva del Friuli sempre come vicario cooperatore dell’allora parroco monsignor Giuseppe Viola. Fu una stagione intensa quella trascorsa a Capriva che Trevisan ha sempre ricordato con un pizzico di nostalgia ricambiato dall’affetto dei caprivesi e in particolare dai giovani, i suoi “fruz” come ebbe e a scrivere qualche anno fa Ado Crasnich. Nei dieci anni trascorse a Capriva monsignor Trevisan assunse anche altri compiti come insegnante di latino e greco al seminario arcivescovile (1945), consigliere all’Istituto Cerruti di Russiz (1945), assistente delle Acli (1947), assistente dei Comitati civici (1947), vicario economo a Mossa (1946). Il 21 novembre del 1953, per la rinuncia di monsignor Viola, viene prima nominato vicario economo a Capriva e quattro mesi dopo, il 10 marzo, parroco. Trevisan s’immaginava allora una lunga attività pastorale in quel di Capriva, dove si era bene ambientato e amato dalla popolazione. Mai pensava che di lì a pochi mesi la sua vita sarebbe cambiata.

Il 30 novembre del 1954 monsignor Angelo Magrini rinunciava alla parrocchia di Cormons e l’arcivescovo Giacinto Ambrosi pensò di sostituirlo proprio con il giovane parroco di Capriva. Mai monsignor Trevisan pensava alla sede decanale. “La mia venuta a Cormons è per trasferimento”, le sue riflessioni scritte su un quadernetto oggi conservato nell’Archivio parrocchiale. Molti dei cormonesi, ancora legati al ricordo di don Rino Cocolin, pensavano a un’altra guida spirituale magari al ritorno proprio di don Cocolin, Ma monsignor Ambrosi fu irremovibile e il 1 gennaio 1955 firmò il decreto del trasferimento di Trevisan da Capriva a Cormons. L’ingresso nella parrocchiale di Sant’Adalberto avvenne il 23 aprile di quell’anno, proprio nella ricorrenza del patrono. Fu lo stesso monsignor Ambrosi a presentare alla comunità il nuovo parroco che indossava le vesti da arciprete. Probabilmente fu la prima e unica volta, perché lo si ricorda sempre vestito con la semplice talare nera.

E alla guida della parrocchia sarebbe rimasto 38 anni, fino all’ottobre del 1993 quando vi rinunciò rimanendo però ad abitare a Cormons finché la salute glielo ha permesso, perché Trevisan con gli anni si è radicato 60esimo di sacerdozio di mons. trevisannel contesto cittadino sentendosi di fatto un cormonese tanto che ha voluto essere sepolto nel cimitero della cittadina collinare.

Tratteggiare la figura di Trevisan non è facile e non è semplice se non si vuole cadere nell’agiografia, che senza dubbio egli stesso non gradirebbe. L'intelligenza acuta di cui era dotato a volte lo rendevano duro nei giudizi, il carattere forte e autoritario erano prerogative di una personalità da leader che Trevisan ha sempre dimostrato. A volte commenti e giudizi erano tranchant, taglienti, ma la sua intelligenza lo portava poi a ricucire strappi e incomprensioni. Un aspetto va rimarcato, comune a tutto il suo mandato pastorale, ed è quello del rapporto con le famiglie cormonesi. Aiutato in questo - lo ha sottolineato egli stesso in una intervista in occasione del suo 60.mo di sacerdozio - dall’insegnamento nelle scuole cittadine, “un mezzo che ho sempre ritenuto essenziale - aveva detto - più che la benedizione delle case, per incontrare i giovani e attraverso loro le famiglie, e ancora oggi, a conferma di ciò, c’è che si ricorda di quei fecondi rapporti”. Non erano pochi, anche non credenti, coloro che bussarono alla sua porta per chiedere un consiglio o un conforto. E a nessuno chiuse la porta.

Il suo operato va inquadrato nell’ampio arco di tempo del suo ministero a Cormons caratterizzato da profondi mutamenti sociali – ed anche ecclesiale se si pensa solo al Concilio Vaticano II - che hanno avuto il loro impatto anche sul fronte pastorale, la cui attività si mischiava inevitabilmente con quella civile: le iniziative parrocchiali non potevano non andare oltre i connotati religiosi. E monsignor Trevisan, a Capriva come a Cormons, non si sottrasse all’impegno civile per favorire i cattolici nell’amministrazione pubblica. Dagli anni Cinquanta caratterizzati da una contrapposizione della società frutto anche di uno scontro ideologico tra cattolici e comunisti agli anni Novanta di acqua ne è passata. Se nel 1980 forte è stata la battaglia contro la giunta di sinistra che in una rivisitazione del Piano regolatore comunale voleva mettere le mani sul ricreatorio, pochi anni dopo si schierò a difesa dell’ospedale civile marciando in prima fila a braccetto con i comunisti. E nel 1994 guardò con favore alla nascita di una lista civica formata da ex comunisti ed ex democristiani che abbatteva tanti steccati.

Monsignor Trevisan indubbiamente è stato un protagonista di questo periodo, sensibile come era ai problemi di carattere sociale che interessavano alla gente. Amante della musica, curò per anni il coro giovanile, poi fondo la Corale Sant’Adalberto e benedisse pure la nascita della Scuola di musica che per i primi anni aveva sede in ricreatorio.

La ristrutturazione del ricreatorio, che oggi porta il suo nome, e la vendita di tutte le proprietà sono indubbiamente le due opere più importanti della sua attività di parroco perché, da un lato liberava la parrocchia da “gravami medievali” e dall’altra dava un’impronta più pastorale al centro cattolico di via Pozzetto.

Nell’ultimo periodo della sua esistenza, non più gravato dal peso della parrocchia ma da “sacerdote residente”, come amava definirsi, aveva acquisito, usando le parole del Siracide, “la sapienza dei vecchi”. Nel quadernetto citato, in riferimento ai cambiamenti della società, nei suoi appunti scriveva: “Allibisco al pensare il tanto tempo trascorso, ma è così… Guardando i quaderni degli avvisi che si davano in chiesa a voce me ne accorgo. C’è stato il periodo ante televisione. La Messa veniva celebrata alle 6 del mattino e alla sera niente. L’arrivo della televisione (una delle prime le aveva il nostro ricreatorio) cambia tutto: al mattino la gente non si alza più. Alla domenica le Messe vengono celebrate alle 9.30 e alle 11 e poi alla sera (…) Alla mia venuta c’erano ancora le rogazioni poi decadute; c’erano forti le 40 ore poi scemate. C’è stato un cambiamento di mentalità, di costumi, di ricchezza (…) C’era, e resta, Sant’Adalberto patrono poco conosciuto perché santo non spettacolare, di grande intelligenza e accorta capacità pastorale. Sono sicuro che dal Cielo mi ha assistito perché in terra mi hanno assistito tanto i miei 16 collaboratori e la buona gente, tanta buona gente. Ed io, seppure con i capelli bianchi, mi faccio risuonare il canto dei vecchi carissimi scout ‘Passa la gioventù’ che da sempre ha tenuto vivace il mio spirito. Grazie a tutti voi”.

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