COLLABORAZIONE Pastorale di Cormòns - Parrocchie di Borgnano, Brazzano, Dolegna del Collio e Cormòns
Oggi è storicamente provato che l’armistizio al termine della 3° Guerra d'Indipendenza venne firmato a Cormons il 12 agosto 1866, nell’attuale Villa Tomadoni in via Piave, a quel tempo di proprietà del podestà Camillo della Torre. Ma per decenni Cormons e Sant’Andrat si contesero la sede. A dare una parola definitiva fu un saggio di Giovanni Battista Falzari, pubblicato nel 1957 su “Studi Goriziani”, dal quale, riportando stralci dei diari dei due plenipotenziari – il generale Agostino Petitti conte di Roreto per l’Italia e generale Carlo Moring per l’Austria-Ungheria - emerge in modo inequivocabile che l’armistizio venne firmato nell’abitazione del conte della Torre. “All’entrata di questa città (Cormons) – scrive Petitti – esiste a mano sinistra una modesta casetta di un tal conte Torriani… Subito dopo la porta a destra sta una camera a pianterreno, poco ornata e poco mobiliata ed è in quell’ambiente che tenemmo le sedute”.
La voce popolare che l’armistizio venne firmato in un’osteria di Sant’Andrat non trova conferma nelle carte e nei riscontri storici. E’ possibile invece che in quell’osteria, che prese poi il nome di “Osteria dell’armistizio”, consumò il pranzo la commissione austriaca che il 28 luglio si ritrovò con quella italiana al ponte di Brazzano per fissare la linea di demarcazione dopo la tregua stabilita dai comandi dei due eserciti il 24 luglio ed entrata in vigore alle 4 del giorno successivo. Probabilmente la presenza degli alti ufficiali, che firmarono forse alcune carte per stabilire la data e la sede dei colloqui per l’armistizio, fece ritenere ai presenti che si firmasse davvero l’armistizio facendo nascere l’equivoco durato per parecchi decenni.
Le trattative tra le due commissioni durarono una settimana, dal 5 al 12 agosto, ma il generale Petitti non si riteneva soddisfatto dell’andamento e si dichiarò poco propenso a mettere la firma in calce a un documento che secondo lui poneva condizioni troppo dolorose per l’Italia. Ma il comando italiano non era di questo avviso, voleva affrettare la firma per evitare una possibile ripresa del conflitto ma anche per accordi internazionali e pregò Petitti, che nel frattempo si trovava a Udine, di rientrare a Cormons e portare a conclusione le trattative. “Per obbedienza militare parto per Cormons”, telegrafò Petitti. Fu così che nel giro di pochi giorni un secondo “obbedisco” segnò le vicende della Terza guerra d’indipendenza dopo quello più famoso di Giuseppe Garibaldi inviato al Capo del governo La Marmora, che gli aveva posto l’alt dopo la vittoria di Bezzecca quando ormai con le sue camicie rosse puntava su Trento.
Quali conseguenze comportarono per Cormons la fine dalla guerra? Ben poco, tutto sommato. E’, sì, presente negli annali della storia come la località dove venne firmato l’armistizio, c’è ancor la casa in via Piave sul quale cento anni fa è stata posta una lapide per ricordare l’avvenimento, Lapide che è stata scoperta dall’allora presidente della Repubblica Giuseppe Saragat nel corso della sua visita in Friuli nel 1966, in occasione del centenario. Ma Cormons rimase, come tutto il Friuli orientale (chiamato anche Friuli austriaco), sotto il dominio asburgico deludendo così gli irredentisti, che a quel tempo comunque non erano davvero molti. Il confine venne fissato sullo Judrio e questo ebbe conseguenze positive sul fronte economico perché si intensificarono i traffici e molti friulani italiani venivano a lavorare e a fare acquisti oltre Judrio e si incrementò anche il contrabbando tra le due sponde del fiume a vantaggio dell’economia cormonese. Un’altra conseguenza di quella guerra, ma di questo ne avevamo scritto a suo tempo, fu la decisione di padre Scrosoppi di trasferire la casa generalizia delle Suore della Provvidenza da Udine a Cormons. E questo per la città collinare, che aveva salutato nel gennaio di quello stesso anno l’arrivo della prime suore, fu un bene perché la congregazione, sotto le ali protettrici di Rosa Mistica, non solo operò nel campo assistenziale e scolastico, ma allargò la sua presenza a gran parte della regione, all’Istria e pose le basi per la opera missionaria nel mondo.
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