COLLABORAZIONE Pastorale di Cormòns - Parrocchie di Borgnano, Brazzano, Dolegna del Collio e Cormòns
“La chiesa fu ridotta a una vera stalla lorda e fetente!”, conclude così don Luigi Tomat, vicario a Borgnano, in una lettera inviata il 21 aprile 1918 all’arcivescovo Francesco Borgia Sedej per descrivere i danni subiti dalla chiesa di Santa Fosca nella notte tra il 27 e il 28 ottobre 1917 durante la ritirata di Caporetto. Di questo fatto si parlerà venerdì 15 giugno, alle 20, nella sala conferenze dell’albergo ristorante “da Gon” a Borgnano durante la presentazione del libro “Cormons e Brazzano 1917-18”, scritto da Giovanni Battista Panzera, Franco Femia, Livio Ciancarella e Giacomo Cavalli.
A compiere gli atti sacrileghi riportati da don Tomat – il popolare pre’ Fusete, chiamato così per la sua passione per i fuochi pirotecnici che per 38 anni curò le anime del paese, dal 1885 al 1923 - furono gli Arditi. Nell’ultimo giorno della loro permanenza nella frazione cormonese, domenica 28 ottobre, gli Arditi mostrarono tutta la loro brutalità e arroganza. “Questa povera chiesa fu interamente profanata e saccheggiata. scrive il vicario -. Scassinata la porta del Tabernacolo, gettate la Sacre ostie per la mensa (altare, ndr), rubarono la custodia colla lunetta, la Pisside, i vasetti d’argento dei Sacri olei, teche d’argento”. oltre ai danneggiamenti, trafugarono diversi oggetti sacri conservati in sacrestia come “il calice d’argento dorato colla Patena relativa, il bacile d’argento, teche d’argento di sacre reliquie e tutto ciò che era di valore”. Danneggiarono un altro calice non riuscendo a svitare la pregiata coppa dorata dal pesante piedistallo fatto di metallo ordinario. In chiesa se la presero anche con l’altare della Madonna, scassinarono “le cassette delle offerte rubando ciò che vi era dentro, tutta la quantità di ceroni, candele di diverso peso in sacrestia, sugli altari e Via Crucis senza lasciare una intera”.
Gli Arditi usarono poi paramenti sacri come piviali e pianete, assieme a cuscini e altra biancheria a mo’ di letti e coperte per passarvi la notte, caratterizzata da una pioggia torrenziale. “Tutto fu lordato da fango e melma – riporta don Tomat – e tutto gettato alla rinfusa”. Razziarono nei cortili diverse case di Borgnano alcune galline che, portate nei locali della chiesa, vennero cucinate per la cena.
Gli Arditi erano di casa a Borgnano. Il comando della Terza Armata, dopo i successi dei reparti d’assalto presenti in particolare nella Seconda armata, decise il 10 ottobre del ’17 di costituire un battaglione, l’XI d’assalto e individuò Borgnano come sede del reparto, che fin dal primo giorno fu comandato da un ufficiale fiorentino, il maggiore Trani. Ma il vero re della città degli arditi era il tenente colonello Pavone cui era stata affidata la direzione dei nuovi battaglioni d’assalto. Nel paese vi erano presenti già diversi baraccamenti per le truppe a riposo che una compagnia del Genio adattò per ospitare degli arditi che affluivano dai diversi reggimenti dell’Armata.
Gli Arditi a Borgnano rimasero poche settimane perché la rotta di Caporetto lo costrinse alla ritirata verso il Piave assieme a tutta l’Arma. Ma quei giorni bastarono per lasciare il segno a Borgnano. Non ci fu solo l’episodio della profanazione della chiesa, ma l’esercito italiano in ritirata requisì carri e bestiame a 16 agricoltori, praticamente a tutto il paese. Giacomo Brandolin patì la requisizione di due armenti, un carro e una carretta; Lucia Brandolin un armento e un carro; Maria Danielis due armenti. un carro; Giacomo Gon due armenti e un carro; Carolina Cecot un armento e un carro; Giovanni Brandolin due armenti, un cavallo, un carro e una carretta; Giuseppe Brumat un armento, un cavallo; Angelo Battistutta un armento, Maria Samar un armento; Batta Montina due armenti; Fosca Brumat due armenti e un carro; Eugenia Battistutta due armenti; Luigia Neri una carretta; Giuseppe Battistutta un armento; Maria Battistutta un armento e un carro. Nella denuncia gli agricoltori, avendo saputo che le truppe austroungariche nel ritornare sul suolo italiano, dopo la ritirata degli Italiani, avevano recuperato parte di questo materiale quale bottino di guerra e ne avevano chiesto la restituzione e un eventuale indennizzo per i carri e bestiame non recuperati.
Non mancarono neppure a Borgnano i danni provocati dai bombardamenti. Tra le richieste di indennizzo, trovate all’Archivio storico di Vienna, c’è ne è una per i danni provocati da una granata incendiaria che il 14 luglio 1916 colpì la casa numero 16 abitata da Maria Tonut sposata Battistutta. L’incendio che ne seguì distrusse quanto era contenuto “nell’aja e sotto l’aja” come 70 quintali di fieno, due carri contenenti 7 quintali di frumento “ancora da battere”, quattro aratri, due tini da 18 ettolitri, attrezzature per la bachicoltura. tre carri e una carretta. Le fiamme distrussero anche il contenuto di due camere, una abitata da Lucia Battistutta sposata Vincenzo Montina e l’altra dalla denunciante: andarono distrutti capi di abbigliamento e mobili. Lucia Battistutta denunciò un danno complessivo di 5mila 21 corone.
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