COLLABORAZIONE Pastorale di Cormòns - Parrocchie di Borgnano, Brazzano, Dolegna del Collio e Cormòns
Trent’anni fa, l’11 gennaio 1982, moriva monsignor Pietro Cocolin. Una scomparsa che ha lasciato un vuoto nella Chiesa goriziana, di cui Cocolin era stato protagonista prima come sacerdote poi come arcivescovo. Cormons ha avuto il dono di averlo per sette anni cappellano, dal 1944 al 1951, nel suo primo mandato pastorale. Don Rino, come si faceva chiamare e come sempre lo hanno chiamato i cormonesi, ha lasciato il segno nella nostra comunità, ma anche la nostra comunità è rimasta sempre dentro il cuore di don Rino. Ebbe sempre con Cormons un rapporto filiale, come ha ricordato nell’omelia don Sergio Ambrosi, che ha presieduto nel santuario di Rosa Mistica la messa nel ricordo dell’anniversario della sua morte.
Don Rino portò sempre Cormons nel cuore e non solo nei fecondi sette anni del suo ministero pastorale in un periodo difficile per la nostra comunità: prima la guerra con il suo doloroso travaglio; poi le dolorose ferite e lacerazioni che le vicende di confine avevano esarcebato. Con la saggezza, che gli derivava dalle sue radici contadine, aveva saputo capire, vivere il tempo e la storia della gente. E così don Rino guardò oltre, seppe trovare nei giovani di allora motivo di rinascita, entusiasmo e motivazioni per costruire attraverso il dialogo e gli ideali nuovi progetti. Nascevano allora, con il ricreatorio, iniziative ed esperienze che ancora oggi, a distanza di tanti anni vivono e producono il loro frutti. E citiamo solo il movimento scoutistico con la nascita del Cormons 1° e poi, nel mondo sportivo, la creazione dell’Alba anche se ci sarebbe da scrivere un libro su quel periodo cormonese che vide operare don Rino. “La nostra promessa era un impegno preciso – ricordò don Rino, nel 1977, al trentennale di fondazione del Cormons 1° -. Per molti di voi, ormai padri di famiglia, l’impegno è stato mantenuto e i vostri figli percorrono oggi la vostra strada. Il seme gettato allora ha portato abbondanti frutti”.
Don Rino portò Cormons nel cuore anche quando intraprese altre esperienze pastorali a Terzo, Aquileia e Monfalcone. E lo portò nel cuore anche quando divenne il vescovo Pietro. E lo fece fino agli ultimi suoi giorni di vita interessandosi della vita della comunità, non solo di quella pastorale, ma anche civile. Si informava, spronava, incoraggiava, invitava a non aver timore delle novità, a dialogare con tutti.
Il suo volto si illuminava quando incontrava qualche cormonese. Ed allora prima ti poneva una serie di domande sulla vita della comunità, si informava su questo o quello – di solito chiedeva dei “suoi ragazzi” specialmente di quelli che aveva perso traccia –. E poi, se il tempo lo permetteva, era un fiume di ricordi e di aneddoti, da cui si capiva quanto il suo legame con Cormons fosse rimasto forte, indissolubile e quanto amava la nostra città. “Quando da Terzo con la motocicletta tornavo a Cormons, mi fermavo a Saldarini ad ammirare con un gruppo in gola il Quarin”, raccontò un giorno quando era già vescovo.
Trent’anni fa, l’11 gennaio 1982, moriva monsignor Pietro Cocolin. Una scomparsa che ha lasciato un vuoto nella Chiesa goriziana, di cui Cocolin era stato protagonista prima come sacerdote poi come arcivescovo. Cormons ha avuto il dono di averlo per sette anni cappellano, dal 1944 al 1951, nel suo primo mandato pastorale. Don Rino, come si faceva chiamare e come sempre lo hanno chiamato i cormonesi, ha lasciato il segno nella nostra comunità, ma anche la nostra comunità è rimasta sempre dentro il cuore di don Rino. Ebbe sempre con Cormons un rapporto filiale, come ha ricordato nell’omelia don Sergio Ambrosi, che ha presieduto nel santuario di Rosa Mistica la messa nel ricordo dell’anniversario della sua morte.
Don Rino portò sempre Cormons nel cuore e non solo nei fecondi sette anni del suo ministero pastorale in un periodo difficile per la nostra comunità: prima la guerra con il suo doloroso travaglio; poi le dolorose ferite e lacerazioni che le vicende di confine avevano esarcebato. Con la saggezza, che gli derivava dalle sue radici contadine, aveva saputo capire, vivere il tempo e la storia della gente. E così don Rino guardò oltre, seppe trovare nei giovani di allora motivo di rinascita, entusiasmo e motivazioni per costruire attraverso il dialogo e gli ideali nuovi progetti. Nascevano allora, con il ricreatorio, iniziative ed esperienze che ancora oggi, a distanza di tanti anni vivono e producono il loro frutti. E citiamo solo il movimento scoutistico con la nascita del Cormons 1° e poi, nel mondo sportivo, la creazione dell’Alba anche se ci sarebbe da scrivere un libro su quel periodo cormonese che vide operare don Rino. “La nostra promessa era un impegno preciso – ricordò don Rino, nel 1977, al trentennale di fondazione del Cormons 1° -. Per molti di voi, ormai padri di famiglia, l’impegno è stato mantenuto e i vostri figli percorrono oggi la vostra strada. Il seme gettato allora ha portato abbondanti frutti”.
Don Rino portò Cormons nel cuore anche quando intraprese altre esperienze pastorali a Terzo, Aquileia e Monfalcone. E lo portò nel cuore anche quando divenne il vescovo Pietro. E lo fece fino agli ultimi suoi giorni di vita interessandosi della vita della comunità, non solo di quella pastorale, ma anche civile. Si informava, spronava, incoraggiava, invitava a non aver timore delle novità, a dialogare con tutti.
Il suo volto si illuminava quando incontrava qualche cormonese. Ed allora prima ti poneva una serie di domande sulla vita della comunità, si informava su questo o quello – di solito chiedeva dei “suoi ragazzi” specialmente di que
Trent’anni fa, l’11 gennaio 1982, moriva monsignor Pietro Cocolin. Una scomparsa che ha lasciato un vuoto nella Chiesa goriziana, di cui Cocolin era stato protagonista prima come sacerdote poi come arcivescovo. Cormons ha avuto il dono di averlo per sette anni cappellano, dal 1944 al 1951, nel suo primo mandato pastorale. Don Rino, come si faceva chiamare e come sempre lo hanno chiamato i cormonesi, ha lasciato il segno nella nostra comunità, ma anche la nostra comunità è rimasta sempre dentro il cuore di don Rino. Ebbe sempre con Cormons un rapporto filiale, come ha ricordato nell’omelia don Sergio Ambrosi, che ha presieduto nel santuario di Rosa Mistica la messa nel ricordo dell’anniversario della sua morte.
Don Rino portò sempre Cormons nel cuore e non solo nei fecondi sette anni del suo ministero pastorale in un periodo difficile per la nostra comunità: prima la guerra con il suo doloroso travaglio; poi le dolorose ferite e lacerazioni che le vicende di confine avevano esarcebato. Con la saggezza, che gli derivava dalle sue radici contadine, aveva saputo capire, vivere il tempo e la storia della gente. E così don Rino guardò oltre, seppe trovare nei giovani di allora motivo di rinascita, entusiasmo e motivazioni per costruire attraverso il dialogo e gli ideali nuovi progetti. Nascevano allora, con il ricreatorio, iniziative ed esperienze che ancora oggi, a distanza di tanti anni vivono e producono il loro frutti. E citiamo solo il movimento scoutistico con la nascita del Cormons 1° e poi, nel mondo sportivo, la creazione dell’Alba anche se ci sarebbe da scrivere un libro su quel periodo cormonese che vide operare don Rino. “La nostra promessa era un impegno preciso – ricordò don Rino, nel 1977, al trentennale di fondazione del Cormons 1° -. Per molti di voi, ormai padri di famiglia, l’impegno è stato mantenuto e i vostri figli percorrono oggi la vostra strada. Il seme gettato allora ha portato abbondanti frutti”.
Don Rino portò Cormons nel cuore anche quando intraprese altre esperienze pastorali a Terzo, Aquileia e Monfalcone. E lo portò nel cuore anche quando divenne il vescovo Pietro. E lo fece fino agli ultimi suoi giorni di vita interessandosi della vita della comunità, non solo di quella pastorale, ma anche civile. Si informava, spronava, incoraggiava, invitava a non aver timore delle novità, a dialogare con tutti.
Il suo volto si illuminava quando incontrava qualche cormonese. Ed allora prima ti poneva una serie di domande sulla vita della comunità, si informava su questo o quello – di solito chiedeva dei “suoi ragazzi” specialmente di quelli che aveva perso traccia –. E poi, se il tempo lo permetteva, era un fiume di ricordi e di aneddoti, da cui si capiva quanto il suo legame con Cormons fosse rimasto forte, indissolubile e quanto amava la nostra città. “Quando da Terzo con la motocicletta tornavo a Cormons, mi fermavo a Saldarini ad ammirare con un gruppo in gola il Quarin”, raccontò un giorno quando era già vescovo.
lli che aveva perso traccia –. E poi, se il tempo lo permetteva, era un fiume di ricordi e di aneddoti, da cui si capiva quanto il suo legame con Cormons fosse rimasto forte, indissolubile e quanto amava la nostra città. “Quando da Terzo con la motocicletta tornavo a Cormons, mi fermavo a Saldarini ad ammirare con un gruppo in gola il Quarin”, raccontò un giorno quando era già vescovo.
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