Paolo Curtaz ed i Catechisti - Venerdì 25/11/2011

Che gioia ascoltare qualcuno che, con precisa competenza e gioioso entusiasmo, riesce ad esprimere nel corso di un ora, tutta una serie di riflessioni che noi abbiamo più volte elaborato svolgendo nel nostro piccolo il mandato di catechista.

Questa è sicuramente la prima sensazione che abbiamo provato ascoltando l’intervento di Paolo Curtaz che venerdì pomeriggio ha incontrato molti dei catechisti del nostro mandamento.

Per prima cosa ha dato una lettura, molto chiara e puntuale, della complessa realtà in cui siamo chiamati a vivere e operare sia sul piano sociale, che su quello storico- culturale come sul piano ecclesiale con le logiche ricadute su bambini e ragazzi, famiglie e comunità.

Ci ha provocato con domande chiave che tutti ci poniamo: è possibile, qui ed oggi, educare alla fede? E nello specifico chi si occupa di educare alla fede? E ancora…è ancora possibile appassionarsi e avere come modello GESU’ CATECHISTA?

Paolo ha detto che educare alla fede significa evangelizzare e catechizzare.

Ma se evangelizzare significare parlare di Gesù, approfondire ciò che Lui ha detto,capire la sua vita, le sue scelte, le sue opere, allora ci rendiamo conto che non possiamo ritenerla una cosa scontata, ma un esperienza da proporre.

Un tempo questo mandato era assunto in ambito familiare ( e se non lo facevano i genitori, c’erano i nonni), ma non è più così.

Le famiglie stesse sarebbero quindi le prime a dover essere evangelizzate. Compito della Comunità e dei catechisti in particolare è proporsi a genitori e bambini come compagni di un percorso che ci accomuna alla scoperta del senso della vita e della felicità.

Che responsabilità per noi!!!

E allora come far conoscere Gesù?

Innanzi tutto instaurando un bel rapporto, una relazione significativa, vera, mostrandoci disponibili e accoglienti, fiduciosi che, anche i genitori, se saranno attratti da un messaggio forte, che parala al cuore, ne usciranno coinvolti.

Con che atteggiamento quindi approcciarsi ai bambini? Comportandoci in modo molto naturale perché non dobbiamo far altro che far emergere la dimensione spirituale, quel desiderio profondo di “ALTRO” e di “ALTROVE” che c’è in seme nel cuore di ciascuno.

Proporre l’annuncio di Gesù attraverso la catechesi deve contemplare tre dimensioni fondamentali interagenti fra loro: la conoscenza del Signore e della nostra fede (rispondere ai bisogni del sapere), far vibrare emozioni ( sentire con il cuore), proporre esperienze di vita in cui la fede sia tradotta in relazioni e azioni ( rendendo protagonisti e non spettatori o utenti i nostri bambini nelle nostre Eucaristie come nei nostri Oratori).

I nostri bambini che spesso non si sentono ascoltati, devono trovare in noi persone capaci di accoglienza, affetto, ascolto: la catechesi sarà allora appassionante, ricca di esperienze, di rapporti belli, di segni, di gioco, di tante cose da fare e, dal fare, sarà nostro compito far ricavare il messaggio, la parola chiave che si vuole trasmettere. Anche Gesù, ha sottolineato più volte Paolo, ha fatto catechesi così, con parabole perche voleva comunicare con i suoi, ma voleva farlo in modo accessibile a tutti, con opere e soprattutto con tanto Amore.

Ma non improvvisava perché Lui la Bibbia la conosceva, le Scritture erano da Lui approfondite e meditate, pregava il Padre perché lo aiutasse in questa sua missione.

Anche in questo lo dobbiamo prendere a modello Gesù Catechista: dobbiamo approfondire il Vangelo, dobbiamo appassionarci sui contenuti, dobbiamo vivere da testimoni, con la preghiera e con la vita.

E poi non ci dobbiamo lasciar scoraggiare!!!

Paolo Curtaz ha calcato anche sulla dimensione del fallimento, rimandandoci a discorsi che spesso abbiamo sentito o ci siamo fatti nelle nostre Comunità o nei nostri simposi: spesso investiamo tanto tempo, energie, fatiche, ma altrettanto spesso non abbiamo un riscontro….i bambini, una volta avuto i sacramenti, spariscono! E scatta in noi la sensazione di non aver saputo fare niente.

Paolo ci ha fatto notare che Gesù stesso ha fatto catechesi a 12 apostoli per ben tre anni, parlando loro, vivendo con loro, e loro, nel momento della prova e del bisogno, se la sono defilata! Eppure noi siamo qui, a parlare proprio di Gesù…

Per questo e per le oggettive difficoltà di contesto in cui operiamo, Paolo ci ha invitato a preparare con cura tutti gli incontri: bandendo l’improvvisazione, ha caldeggiato che il gruppo dei catechisti si ritrovi con metodicità per preparare gli incontri, scambiandoci idee e confrontandoci fra noi perché ogni appuntamento permetta ai bambini di parlare, di esprimersi, di pregare, di approfondire la Parola e di fare qualcosa, insieme.

Concludiamo con una citazione che ci è molto piaciuta…”Non dobbiamo salvare il mondo (lo ha già fatto Gesù), ma dobbiamo vivere da salvati !” Questa sarà la più bella catechesi, ci renderà autentici e unici e questo i bambini lo serberanno per sempre. Nel cuore.

Grazie, Paolo!

(Nadia)