COLLABORAZIONE Pastorale di Cormòns - Parrocchie di Borgnano, Brazzano, Dolegna del Collio e Cormòns
Nell'omelia della Veglia Pasquale monsignor Paolo Nutarelli ha detto che questa epidemia “fa venire in mente le tante persone colpite dal virus non sono riuscite a venirne fuori; penso a chi ha lottato e sta lottando negli ospedali penso a chi, vivendo la via crucis di altre patologie, a causa di questa situazione emergenziale non ha accesso alle cure che in altri tempi avrebbe avuto. C’è poi la conseguenza economica, educativa, relazionale che ci porterà come singoli e come comunità cristiana a trovare strade e percorsi nuovi per riscoprire la solidarietà tra noi”. E in questi tempi la solidarietà non è mancata e lo ha sottolineato don Paolo ringraziando “le tante persone che, in modi diversi e peculiare, hanno dato il loro contributo per aiutare chi è nel bisogno”.
Abbiamo bisogno tutti di questa Luce e la Veglia, che attraverso i suoi simboli e le sue letture ci ha fatto ripercorrere la storia della salvezza, se non cambia miracolosamente la nostra vita, ci indica però un percorso. “Ci ricorda che il calvario è una dimensione della nostra sofferenza – ha detto don Paolo -. Non è l’ultima, perché l’ultima dimensione è la Vita. Il simbolo del cristianesimo è una croce, non perché Gesù è morto in croce, ma perché la sua resurrezione ha dato un senso a quella croce. La Pasqua non è una questione di sentimentalismo - ha proseguito il parroco -, la croce non sparisce e le nostre ferite non scompaiono, ma è l’ottica della Resurrezione che dà loro un senso. La croce di Cristo è il segno della speranza che non delude”.
Ma la resurrezione non è per il domani, è già qui oggi, in questa prima parte della nostra esistenza “è in questo primo tempo del nostro vivere che siamo chiamati a vivere da risorti”. Ma come si vive da risorti? “Significa fare nostro lo stile del Crocifisso - ha suggerito don Paolo - e cioè usare la pazienza, smorzare i litigi, portare avanti piccoli gesti di gentilezza e di attenzione verso gli altri. Vivere da risorti non significa stare zitti di fronte alle piccole o grandi ingiustizie ma portare avanti le proprie idee senza cattiveria. Papa Francesco più volte ci ha chiesto di fare nostro lo stile di Madre Teresa, lo stile della non violenza che non è resa, disimpegno e passività ma un esserci con lo stile di Gesù. Per me oggi dire ‘vivi da risorto’ significa anche sogna, rischia, impegnati per cambiare il mondo, riaccendi i tuoi desideri, contempla il cielo, le stelle, il mondo intorno a te, alzati e diventa ciò che sei. Solo così il mondo, il mio piccolo mondo cambierà”.
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