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LO SFRUTTAMENTO DEGLI ANGELI DELLA CASA

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Si riporta l'articolo di Marta Sodano pubblicato sul n. 4 del 23 novembre 2012 del "Foglio di Informazione & Collegamento con la Realtà burkinabè":

In Burkina Faso, si stima che due terzi delle famiglie abbiano una domestica, quasi sempre una ragazza minorenne, che si occupa dei lavori di casa. Secondo uno studio condotto da Terre des Hommes il 45% di queste ragazze si trova in una situazione difficile o di sfruttamento. Nelle grandi città, le loro condizioni di vita e di lavoro sono spesso inaccettabili: violenze fisiche e psicologiche, salari minimi, abusi sessuali, mancanza di contratto, eccessivo carico di lavoro, mancanza di rispetto da parte dei propri datori di lavoro. Inoltre la paura, le barriere linguistiche o culturali e la mancanza di risorse ostacolano il loro accesso ad ogni forma di protezione.

È sorprendente la relativa novità di attenzione al lavoro domestico dei minori. Solo da pochi anni la tematica dello sfruttamento delle giovani domestiche si è inserita tra le preoccupazioni delle grandi organizzazioni internazionali specializzate (OIL, UNICEF) e delle ONG, dopo che per anni tale problema è stato ignorato o trascurato.

Tutte le principali città dell’Africa occidentale conoscono questo fenomeno. Ogni anno, dopo la raccolta, molte ragazze partono dai villaggi della campagna verso le città per lavorare come domestiche nelle famiglie della classe media, spesso presso la casa di un parente più o meno stretto o di un conoscente della famiglia. Per queste ragazze il lavoro domestico è un modo per guadagnare un po’ di denaro per il loro corredo di nozze, ma anche per trascorrere la stagione secca senza pesare sulle scarse risorse del nucleo familiare. Vengono assunte per occuparsi dei bambini e dei lavori di casa, come fare il bucato, cucinare, spazzare il cortile e la casa. Esse, di età media tra i 14 e i 18 anni circa, lavorano dalle 12 alle 16 ore al giorno, senza un contratto e per uno stipendio misero, tra gli 8 e i 10 euro al mese. Soldi che talvolta le ragazze non possono nemmeno tenere per sé, in quanto vengono sottratti dai genitori. Spesso sfruttate, a volte abusate, le ragazze lasciano casa sempre prima, interrompendo la scuola dell’obbligo. La forza lavoro più giovane è molto apprezzata dalle signore della città, in quanto le ragazzine di 12-14 anni non conoscendo la città, non osano avventurarsi ad uscire e non si lamentano quindi se devono lavorare anche le sere ed i fine settimana.

In un recente articolo di LeFaso si racconta la storia di Setou, una delle tante ragazze partite per fare le domestiche, e finite in sventura: “Setou non aveva che 16 anni quando una parente è venuta a cercarlaal villaggio. Voleva una domestica che si occupasse della sua casa e dei suoi figli. Dopo le formalità d’obbligo, che consistevano nell’avere l’autorizzazione di suo padre, Setou metterà piede per la prima volta sul suolo di Ouagadougou. Sempre gioviale e di una bellezza naturale, l’adolescente si integrerà facilmente nella famiglia e diventerà una di loro. Setou racconta che lei era diventata l’“angelo della casa”.

Il bambino di cui si occupava era più attaccato a lei che a sua madre. La notte era lei che restava al suo capezzale a dargli tutto l’amore materno. Questa situazione piaceva alla sua padrona perché le permetteva di essere libera di occuparsi delle proprie faccende. Ma questa atmosfera di convivialità e di confidenza subito si deteriora. Per colpa di chi? Del padre della famiglia. Una notte, lui si introdurrà nella camera della domestica. Dopo averla minacciata, abuserà di lei. Una prima volta, una seconda volta, e poi ancora e ancora. Fino a che la moglie se ne renderà conto. Al posto di andare in soccorso della domestica, la signora sosterrà piuttosto il marito. «Lei mi ha picchiata come fossi un animale. Mi ha accusato di avere sedotto suo marito, che non ha potuto resistere alla mia giovane bellezza» racconta Setou nell’articolo. Per questo la ragazza verrà cacciata dalla famiglia e rimandata come una poco di buono al suo villaggio. A mani vuote.”

L’articolo riporta la testimonianza di Setou, ma il suo caso non è che un esempio tra tanti. Gli aiuti domestici, chiamati volgarmente “bonnes” (ossia “buone”, come “buone per fare tutto”) o ancora “52” (come i 52 pezzi che costituiscono il corredo di nozze che vogliono comprarsi o come i 52 posti dell’autobus che le ha portate lontane dal loro villaggio), oltre ad essere maltrattate dai loro padroni subiscono spesso abusi sessuali dai mariti o dai figli delle famiglie per cui lavorano, quando lapadrona di casa si assenta. Esse sanno che denunciando gli abusi rischiano di perdere il proprio lavoro, quindi tacciono. Secondo un rapporto della Croce Rossa, tali sfruttamenti passano spesso inosservati, e nel Burkina Faso dei nostri giorni, dove la condizione della donna è ancora ben lungi dall’essere accettabile, i casi di abusi, violenze e sfruttamento rimangono spesso taciuti, quindi impuniti.

Le vittime di stupro che rimangono incinte si trovano da sole con un trauma indelebile, una gravidanza indesiderata, la perdita del lavoro e le accuse di vergogna e di ripudio della propria famiglia. Spesso finiscono per strada perché la prostituzione è la sola possibilità che rimane loro per nutrire i propri figli, mentre i mariti rimangono impuniti, giustificati dalle mogli e coperti dal silenzio. Di queste storie è piena la città di Ouagadougou.

Lo Stato sembra non rendersi conto della presenza di questo problema, quando invece le autorità dovrebbero mettere in atto un meccanismo in grado di identificare gli sfruttamenti e assumersi la responsabilità per le ragazzine a rischio. Sarebbe necessario poi offrire un’assistenza individuale affinché sia possibile un reinserimento delle ragazze abusate, che preveda un sostegno psicologico, oltre che scolastico o una formazione professionale. Diverse ONG e associazioni locali hanno recentemente iniziato ad occuparsi della protezione e del controllo delle giovani che lavorano come domestiche. Oltre alla sensibilizzazione sul problema e all'attuazione di misure di protezione, si devono rafforzare i meccanismi tradizionali di tutela dei minori. L’ong Terre des hommes, per esempio, da oltre dieci anni segue le ragazze della regione di Sourou, nel nord del Burkina, da cui provengono molte giovani domestiche. La loro azione si svolge lungo tutto il loro corridoio di migrazione, dai loro villaggi alle grandi città ospitanti e sviluppa delle azioni per la tutela e la responsabilizzazione delle giovani migranti. Essi puntano sulla creazione di reti di protezione e di luoghi sicuri che consentano alle ragazze di incontrarsi una volta al mese per sostenersi a vicenda, avere notizie dai loro villaggi e trovare delle soluzioni ai problemi che incontrano sul posto di lavoro. È importante anche informare e sensibilizzare le donne della classemedia che impiegano queste ragazze, per ricordare loro le responsabilità che hanno in quanto adulti oltre che da datrici di lavoro. Bisogna responsabilizzare gli adulti, i quali sono spesso in buona fede nell’assumere le giovani, ma non sembrano prendere in considerazione che le ragazze non sono delle adulte, sono ancora delle bambine. La maggior parte di queste ragazze non va a scuola, non apprende, non si svaga, insomma non fa una vita adatta alla propria età.

 

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