COLLABORAZIONE Pastorale di Cormòns - Parrocchie di Borgnano, Brazzano, Dolegna del Collio e Cormòns
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Si riporta l'articolo di Marta Sodano pubblicato sul n. 2 del 27 luglio 2012 del "Foglio di Informazione & Collegamento con la Realtà burkinabè":
In questi giorni veniamo a sapere che anche a Ouara, un altro villaggio con cui collaboriamo, il funzionamento della piattaforma multifunzionale è messo in difficoltà dal fatto che il manutentore del villaggio è partito a cercare l’oro. È per noi una “brutta” notizia perché fa vacillare la stabilità e la continuità che vogliamo dare ai nostri interventi nei villaggi. Anche a Ouara dunque si è trovato il metallo prezioso ed è stato aperto un nuovo sito artigianale di raccolta. L’ennesimo. Dovrebbe essere una buona notizia, in un Paese come il Burkina Faso, povero di materie prime e con uno dei PIL più bassi al mondo, iniziare a trovare l’oro (l’ORO!!) nel proprio giardino di casa sembrerebbe una manna dal cielo. Ma se si fa una ricerca sulla situazione, si vede che non è proprio così…
L’oro è diventato nel 2009 il primo prodotto d’esportazione del Burkina Faso, facendo classificare il Burkina quarto produttore africano d’oro, dopo Sud Africa, Ghana e Mali. La produzione d'oro ha raggiunto le 12 tonnellate nel 2009, 32 nel 2011 e le previsioni ufficiali per il 2012 parlano addirittura di 42 tonnellate. Una vera escalation che sembra anche non si arresterà presto.
In tutto il Burkina ci sono ben sei miniere industriali (Mana, Yuga, Kalsaka, Taparko, Belahouro e Essakane), due semi-industriali e più di duecento siti artigianali. Questo settore dà oggi impiego ad oltre 300 mila cercatori d'oro, ma non avendo dati ufficiali è probabile che la cifra sia molto superiore. Fino a qui sembrano tutte notizie positive: impiego per molti e ricchezza veloce. Ma se si va a leggere qualche rapporto sulle condizioni di lavoro dei minatori si inizia ad avere la pelle d’oca.
Innanzitutto, bisogna fare una distinzione tra siti industriali e siti artigianali. I siti industriali sono di proprietà di grandi compagnie minerarie straniere che arrivano a costruire dei veri imperi sotto terra, ma che spesso impongono lo sgombero di interi territori, compresi villaggi abitati, per lo sfruttamento di un’area. Le compagnie minerarie straniere provengono principalmente da Canada, Australia, Gran Bretagna e Sud Africa. In generale sono siti auriferi più sicuri e chi viene assunto riceve degli stipendi fissi ben più alti della media nazionale. Ci troviamo davanti a delle condizioni migliori per i lavoratori ma anche all’ennesima storia di grandi multinazionali straniere che sfruttano le ricchezze di Paesi assoggettati. Per i minatori andare a lavorare in miniera è un miraggio, per questo non ci pensano due volte ad abbandonare il proprio lavoro nei campi, a far morire gli orti comunitari, lasciare la propria famiglia per mesi… Questo perché pochi mesi di lavoro estenuante sono sufficienti a guadagnare una cifra importante, che se ben investita potrebbe portare allo sviluppo del Paese ma che spesso viene spesa per nuovi vestiti, motorini, regali per la famiglia…
Nei siti d’oro artigianali la situazione è ben più grave: le condizioni di sicurezza e di salvaguardia della salute sono terribili. Essi nascono dove viene trovata qualche traccia d’oro e non essendo di proprietà di nessuna compagnia non sono oggetto di alcun controllo a salvaguardia dei lavoratori. Dove viene individuata la presenza aurifera vengono scavati artigianalmente dei fori, profondi fino a 50 metri, tenuti in piedi da precarie strutture di legno (vedi foto). Inutile dire che le frane siano frequenti in tali siti. Si cerca l’oro un po’ come accadeva nel Far West americano, a suon di zappa e con l’aiuto soltanto di una torcia tascabile legata alla testa. Una volta spaccate manualmente le rocce vengono portate in superficie e sbriciolate, lavate e setacciate. Decine di mulini sbriciolano i minerali vicino a uomini, donne e bambini che frantumano le pietre. Tutto questo lavoro riduce le persone ad una maschera di polvere. Polvere che ovviamente ricoprirà anche i loro polmoni. In certi siti i cercatori d’oro lavorano anche 12 mesi l'anno, malgrado i rischi elevati di frane durante le piogge. Per motivi di sicurezza i siti dovrebbero chiudere tra giugno e ottobre, ma è così solo sulla carta. Le persone che si lanciano nell’avventura della ricerca d’oro partono poi per questi luoghi sperduti nel nulla e ci rimangono per settimane o mesi, senza mai tornare a casa. Spesso non sanno gestire bene i guadagni settimanali: molti si ubriacano, usano le droghe per meglio sopportare la fatica, spendono tutto e subito. Per questo i siti d’oro vengono considerati dei luoghi molto pericolosi: ci sono la prostituzione, la droga e molti atti di banditismo. Le malattie si diffondono velocemente, soprattutto l’AIDS.
La parte più drammatica del lavoro nelle miniere artigianali è che se l'oro non si trova, dopo mesi di fatica, i minatori non ricevono nulla, in quanto non è prevista una paga a fine mese. Una volta estratto, il minerale è diviso tra il capo - ossia colui che ha fatto l’investimento iniziale per l’apertura del sito artigianale - e i dipendenti, che però non possono venderlo al miglior acquirente in quanto legati al vincolo con la compagnia mineraria che detiene l'autorizzazione allo sfruttamento di tal sito. Infatti anche tali siti sono vincolati al monopolio di sfruttamento delle grandi compagnie. L’Ufficio burkinabé dei metalli preziosi, organo statale che regolava i prezzi del settore, ha chiuso i battenti nel 2005, liberalizzando il mercato. I mercanti hanno così potuto creare un monopolio, e imporre ai cercatori d’oro i propri prezzi, che son ben inferiori ad un prezzo equo di acquisto.
Tutti i minatori sognano di trovare una grande pepita d’oro che li renda ricchi da un giorno all’altro. Di conseguenza le risse sono frequenti nelle cave, quando due squadre si incrociano lungo uno stesso filone. Le varie squadre temono la concorrenza e non si fidano a lasciare la propria galleria neanche di notte, per riposare. «Noi cercatori ci siamo indebitati per fare le ricerche. Poi, trovato l'oro, lo stato ha autorizzato una società a sfruttare il sito. Oggi siamo suoi schiavi, ma se capitano incidenti siamo noi a doverli affrontare». II prezzo dell'oro, in base ai siti e alle società concessionarie, oscilla tra i 60 e gli 80 mila franchi CFA (90-120 euro) per 6 grammi. 100 mila al mercato nero. Alla miniera di Goéra-Sindri la società concessionaria ha fissato il prezzo a 60 mila franchi CFA. Prendere o lasciare.
Secondo i cercatori, i detentori dei permessi di sfruttamento che dovrebbero «vegliare sulla sicurezza, impedire il lavoro infantile, prendere adeguate misure per evitare frane, curare il ripristino ambientale dei siti al termine dello sfruttamento ecc., se ne lavano le mani». Spesso il detentore del permesso non si avvicina neanche ai pozzi, temendo per la propria incolumità. E le autorità locali? Si fanno vive solo per riscuotere le tasse o dopo qualche incidente.
Il lavoro minorile nelle miniere artigianali d'oro è un altro dei gravi problemi legati alla ricerca d’oro in Burkina. Nei pozzi lavorano anche bambini di poco più di 6 anni, che vivono praticamente sotto terra, trasportando pesanti carichi di minerali. Alcuni bambini migrano da soli verso le miniere d'oro e finiscono per essere sfruttati e maltrattati sia da chi li "assume" che da altri che si appropriano della loro paga.
Le bambine sono spesso vittime di abusi sessuali o vengono destinate direttamente al mercato del sesso per poter sopravvivere. «Numerosi bambini lavorano anche utilizzando il mercurio, una sostanza tossica, per separare l'oro dal minerale - spiega Human Right Watch- Il mercurio attacca il sistema nervoso centrale e si dimostra particolarmente nocivo per i bambini». Gli effetti tossici del mercurio non si vedono immediatamente, si sviluppano col tempo, e la maggior parte dei cercatori d'oro ignora i terribili effetti del mercurio sulla loro salute. Tra questi ci sono ovviamente il cancro, ma anche danni celebrali e aborti spontanei per le donne incinte. L’uso del mercurio, oltre quello del cianuro, altra sostanza utilizzata per l’estrazione dell’oro, sono gli aspetti che più minacciano la salute dei minatori.
Come è possibile che lo stato non faccia nulla, o quasi, per eliminare l'uso incontrollato di questi prodotti? Quanti corsi d'acqua sono stati inquinati in Burkina? E questi fori profondi, chi li ricoprirà quando si andrà alla ricerca di un altro sito d’oro?
È evidente dunque che i problemi legati alla ricerca dell’oro sono maggiori rispetto ai benefici. Lo stato non ha un ricavo sufficiente sulle sue notevoli risorse aurifere, nonostante la spirale ascendente dei prezzi dell'oro negli ultimi anni. Ciò diventa un reale ostacolo allo sviluppo in Africa. I miliardi di imposte e tasse vengono ridistribuiti sulla popolazione? No. A nessun comune in cui viene estratto l'oro è stata consegnata alcuna sovvenzione finanziaria prevista dal Governo per circa 50 milioni di franchi CFA dall’inizio dello sfruttamento. Benoit La Salle, Presidente della compagnia mineraria canadese SEMAFO ha dichiarato che la sua azienda «si ispira ai più elevati standard di governance aziendale. Nel 2011, abbiamo fatto un ulteriore passo avanti aderendo al Global Compact delle Nazioni Unite, rafforzando il nostro impegno a mantenere le nostre operazioni in linea con i principi universalmente accettati, del rispetto dei diritti umani e degli standard di lavoro, per l'ambiente e la lotta contro la corruzione.»
Ci troviamo dunque davanti ad una situazione difficile. Nonostante la notevole ricchezza del sottosuolo, la maggior parte della popolazione continua a vivere nella povertà. L’oro sarebbe una grande risorsa e possibile motore di sviluppo se solo ci fosse un controllo dello stato sui siti auriferi e una migliore distribuzione dei benefici. Purtroppo, però, la realtà è che tra uno stato che declama il contributo d'oro per l'economia nazionale e le società minerarie che affermano di rispettare i diritti umani, vi è una popolazione che sembra soddisfatta di vivere in un’illusione di possibile ricchezza. Anche se al costo della propria vita.
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