COLLABORAZIONE Pastorale di Cormòns - Parrocchie di Borgnano, Brazzano, Dolegna del Collio e Cormòns
Cento anni fa, il 2 agosto 1920, nasceva a Saciletto, frazione di Ruda, monsignor Pietro Cocolin, che per quasi 15 anni ha guidato la diocesi di Gorizia. La comunità cormonese lo ha ricordato nella Messa delle 10 che domenica 2 agosto è stata celebrata nel Duomo di Sant’Adalberto. In quel Duomo che lo ha visto officiare nei suoi primi sette anni di sacerdote, dal 1944 al 1951: una presenza nella comunità cormonese che ha lasciato il segno ed ancora lo ricorda con affetto e commozione.
Una stima e un affetto ricambiato: don Rino portò sempre Cormons nel cuore e non solo nei fecondi sette anni del suo ministero pastorale in un periodo difficile per la nostra comunità: prima la guerra con il suo doloroso travaglio; poi le dolorose ferite e lacerazioni che le vicende di confine avevano esacerbato. Con la saggezza, che gli derivava dalle sue radici contadine, aveva saputo capire, vivere il tempo e la storia della gente. E così don Rino guardò oltre, seppe trovare nei giovani di allora motivo di rinascita, entusiasmo e motivazioni per costruire attraverso il dialogo e gli ideali nuovi progetti. Nascevano allora, con il ricreatorio, iniziative ed esperienze che ancora oggi, a distanza di tanti anni vivono e producono il loro frutti. E citiamo solo il movimento scoutistico con la nascita del Cormons 1° e poi, nel mondo sportivo, la creazione dell’Alba anche se ci sarebbe da scrivere un libro su quel periodo cormonese che vide operare don Rino. “La nostra promessa era un impegno preciso – ricordò don Rino, nel 1977, al trentennale di fondazione del Cormons 1° -. Per molti di voi, ormai padri di famiglia, l’impegno è stato mantenuto e i vostri figli percorrono oggi la vostra strada. Il seme gettato allora ha portato abbondanti frutti”.
Don Rino portò Cormons nel cuore anche quando intraprese altre esperienze pastorali a Terzo, Aquileia e Monfalcone. E lo portò nel cuore anche quando divenne il vescovo Pietro. Il suo volto si illuminava quando incontrava qualche cormonese. Ed allora prima ti poneva una serie di domande sulla vita della comunità, si informava su questo o quello – di solito chiedeva dei “suoi ragazzi” specialmente di quelli che ne aveva perso le tracce –. E poi, se il tempo lo permetteva, era un fiume di ricordi e di aneddoti, da cui si capiva quanto il suo legame con Cormons fosse rimasto forte, indissolubile e quanto amava la nostra città. “Quando da Terzo con la motocicletta tornavo a Cormons, mi fermavo a Saldarini ad ammirare con un gruppo in gola il Quarin”, raccontò un giorno quando era già vescovo.
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