COLLABORAZIONE Pastorale di Cormòns - Parrocchie di Borgnano, Brazzano, Dolegna del Collio e Cormòns
Dall’alto il volto rassicurante di Rosa Mistica, a fianco dell’altare quello sofferente di Gesù crocifisso, dall’altro lato l’icona di Sant’Adalberto con accanto il gonfalone della municipalità: sono stati questi simboli, così cari ai cormonesi, a rappresentare la comunità cormonese nella sua interezza, credente o laica, nel giorno della festa patronale di Sant’Adalberto celebrata con solennità ma in una chiesa desolatamente vuota ravvivata solamente dai canti di alcune suore. In comunione ideale con la celebrazione centinaia di cormonesi si sono collegati via streaming e hanno seguito il rito eucaristico presieduto dal parroco monsignor Paolo Nutarelli, che aveva a fianco come concelebranti don Fausto Furlanut e don Mauro Belletti. C’è da ricordare che l’icona, realizata nel millenario del martirio del santo, fu benedetta da ppa Giovanni Paolo II durante un’udienza del mercoledì nella sala Nervi alla presenza tra gli altri del sindaco di allora Maurizio Paselli, del paroco don Paolo Bonetti e di Giacomo Busilacchio.
Proponiamo di seguito l’omelia tenuta dal parroco nella solenne messa patronale.
Dalla celebrazione del millenario del martirio di Sant’Adalberto, nel 1997, nel Duomo a lui dedicato, e questa sera eccezionalmente qui nel santuario, è sempre esposta alla venerazione l’icona di Sant’Adalberto, icona che è presente in una tavoletta in tante famiglie cormonesi.
In questa Messa un po’ speciale, vorrei partire da questa immagine per approfondire la sua simbologia. In questa icona, opera dell’iconografo Orlando, Adalberto indossa i simboli vescovili, la mitria e il pallio. Adalberto era un vescovo. Eravamo negli anni del 900, più di un millennio fa. Eppure mi permetto di dire che Adalberto era un vescovo moderno, potremmo dire alla papa Francesco: era attento alle necessità della popolazione vivendo nel concreto le opere di misericordia, specie verso i più poveri e quelli più in difficoltà. Questo suo modo di intendere l’episcopato in quegli anni non gli fu di aiuto, anzi fu motivo di difficoltà, di delusioni che comunque lo aiutarono nella sua vita a discernere sempre la volontà di Dio. E tutto ciò è molto attuale. Anche oggi non è facile essere cristiani ed ecco l’importanza di lasciarci plasmare dal Vangelo e non di plasmare il Vangelo alle nostre idee.
Sulla sinistra dell’icona troviamo un remo da barca: rappresenta e ricorda il mezzo di trasporto con cui Adalberto e i suoi compagni, il fratello Gaudenzio e il monaco Benedetto, giunsero sul luogo della missione navigando lungo un ramo della Vistola. Adalberto ci ricorda che sempre dobbiamo essere una Chiesa in uscita, missionaria.
Sulla destra dell’icona sono dipinte dieci lunghe lance, che ricordano lo strumento del martirio e martire significa testimone fino al dono della propria vita, testimone della bellezza della Fede in Gesù.
La mano e l’avambraccio sinistri del patrono reggono, stretto al cuore in un caloroso abbraccio, il modello del Duomo, a significare che il santo abbraccia e stringe a sé, in segno di affetto e di protezione, questa nostra comunità, che sull’esempio di Sant’Adalberto deve crescere, sempre più, nella missione, nella carità, nella testimonianza.
Ancora una volta, permettetemi, di ringraziare chi in tanti modi mi e ci ricorda come essere cristiani oggi dentro la storia che siamo chiamati a vivere. Penso alle mani “nascoste” di chi aiuta e sostiene; penso agli occhi di chi vede le necessità e poi si ingegna a dare soluzioni ai problemi. Penso al cuore di tante persone che aiutano gli altri con generosità e penso a chi non smette di pregare per il bene della comunità.
Questa sera non siamo in Duomo, ma in questo momento le nostre case sono diventati tanti piccoli duomi, tante piccole chiese. Ci manca la possibilità di celebrare insieme la santa Messa, ma non deve mancare mai, a tutte le età, la cura della nostra fede. Adalberto ci ricorda che l’interiorità dà speranza alla vita, che la dimensione spirituale sostiene ogni azione del cuore e dà energia e forza.
La mano destra del santo è una mano benedicente, che significa “dire bene”: quando noi riceviamo la benedizione di Dio vuole dire che Lui “dice bene” di noi, pensa bene di noi ed effonde la sua protezione nonostante noi siamo peccatori.Adalberto intercede per noi presso Dio, è il nostro patrono: ci protegge e ci benedice. E nelle difficoltà ci invita a rialzarci, a non chiuderci in noi stessi, a non fermarci.
In queste settimane molte persone chiudono i vari post con l’hashtag #cormonsnonsiferma, questa sera mi permetto di farlo mio: sull’esempio, anche di Sant’Adalberto, non fermiamoci mai come comunità, continuiamo a vivere la solidarietà, l’unica strada che ci permette di rimanere umani e cristiani.
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