COLLABORAZIONE Pastorale di Cormòns - Parrocchie di Borgnano, Brazzano, Dolegna del Collio e Cormòns
Nell'omelia della Veglia di Pasqua donpi richiamandosi alla notte di Pasqua ha sottolineato come “le pagine più belle dell’amore, Dio le ha scritte di notte, nel silenzio, spesso senza farsi vedere, consegnando il frutto del suo progetto all’uomo alle luci dell’alba. Di notte Dio ha portato ordine laddove regnava il caos, e ha disegnato l’armonia del creato perché potesse trovare equilibrio e bellezza in cui l’uomo può sentirsi protetto e tenuto per mano. Di notte Dio ha tratto in salvo il suo popolo schiavo in Egitto, consegnando un rito di passaggio e guidandolo poi nel deserto alla luce del fuoco. Di notte il Figlio di Dio si è lasciato rivestire di carne, e le mani premurose di Maria lo hanno avvolto in tenere fasce per presentarlo alla contemplazione di pochi pastori. Di notte il Cristo ha donato ai suoi discepoli la presenza del pane e del vino come segno della sua vita divina, prima di vivere le tenebre dell’angoscia ed entrare nel grande buio del Venerdì santo”. Aggiungendo poi che, “pur in pieno giorno il sole si è oscurato al grido di dolore dell’uomo in croce, di Notte noi celebriamo la sua risurrezione”.
E richiamandosi ai nostri giorni, monsignor Nutarelli ha ricordato che “forse per molti di noi la nostra vita è immersa nella notte” e ha parlate della “notte del fallimento, quella orribile del tradimento, o ancora della solitudine, della fine di un’amicizia o di una autentica storia d’amore, la notte nera dell’ingratitudine o peggio ancora dello scherno e della calunnia”.
Ma la notte può essere illuminata – il duomo buio si è fatto pieno di lue al canto del Gloria e del suono festoso delle campane dopo tre giorni di silenzio -, illuminata dalla Fede. “Celebriamo ogni anno la Pasqua per rinnovare la speranza, per dare consistenza alla nostra umanità ferita talvolta dalla tristezza – ha sottolineato il parroco -; il cristiano non è un superuomo o peggio un frustrato dalla vita, ma è una persona che desidera vivere il suo essere persona umana. Bisogna vivere in piedi, da risorto e avere uno sguardo nuovo sulla realtà, capace di guardare tutto nella prospettiva di Dio. Concretamente questo significa cogliere la vita nella morte, la speranza nella distruzione, un futuro dove tutto parla di fine. Vivere da risorti vuol dire tentare di dare forma di Vangelo alle nostre esistenze, condividere con gli altri – a partire da quelli che ci vivono accanto – uno stile nuovo. All’insegna del dono, non dell’egoismo; della compassione, non della sopraffazione”.
E ha citato quelle persone che, “nella nostra Comunità, sono per me e per tanti fratelli e sorelle uomini e donne che vivono da risorti perché traducono il Vangelo della Misericordia mediando tra le persone, che traducono il Vangelo dell’Annuncio accogliendo, cercando di guardare sempre il positivo in ogni evento e persona, che costruiscono e non demoliscono sistematicamente”. E ha raccontato la storia delle stelle marine morenti sulla spiaggia dopo un temporale. Salvate da un bambino che, nell’indifferenza generale, ha cominciato a salvarle coinvolgendo prima una, poi due cinque dieci e infine migliaia di persone. “Per cambiare il mondo ha concluso monsignor Nutarelli - basterebbe che qualcuno, anche piccolo, avesse il coraggio di incominciare”. Questo significa vivere da risorti.
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