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La testimonianza delle suore della Provvidenza in Togo sul COVID-19

L’emergenza da coronavirus sta dilagando in tutto il mondo. Non c’è continente, non c’è Paese che non sia alle prese con questo virus che sta mettendo alle corde intere popolazioni. Questo accade anche in Africa dove l’emergenza sanitaria si coniuga con quella sociale. Una Centro Sanitario Suore della Provvidenza a Kouvètestimonianza diretta ci viene dal Togo, e precisamente dal Centro sanitario di Kouve gestito dalle Suore della Provvidenza. In una lettera inviata da suor Dores Villotti al Gruppo missionario di Cormons, che da alcuni anni aiuta quella comunità, emerge un quadro drammatico della situazione.
Il virus è arrivato anche da noi e ha sconvolto i nostri progetti, il nostro cammino - scrive suor Dores -. Verso la metà di marzo anche nei paesi dove operiamo noi Suore della Provvidenza è stato dichiarato lo stato di urgenza sanitaria: chiuse le scuole, i luoghi di culto e ogni forma di raduno. Sono state disposte le misure di sicurezza che voi conoscete, ma che sono quasi impossibili da rispettare in questi luoghi”.
Come si fa a non uscire di casa se la maggioranza delle case dei villaggi sono capanne e dove tutta la vita quotidiana si svolge all’aperto? Anche l’indicazione di lavarsi sempre le mani rimane pura teoria in luoghi in cui scarseggia l’acqua. “L’isolamento inoltre comporta l’impossibilità di sussistenza per tutti coloro che vivono di lavori informali, non salariati, alla giornata – racconta suor Dores -. Adeguarsi alle misure comporta la fame. Infatti nei nostri centri sono già arrivati diversi casi di denutrizione, in particolare di bambini affetti da marasma”.
Nonostante questa situazione il Centro sanitario di Kouve continua la sua attività ed è in prima linea per far conoscere il virus Covid-19, la sua trasmissione, le sue manifestazioni e per sensibilizzare la popolazione sul comportamento da adottare. “Se in tutto il mondo è difficile entrare in questo nuovo modo di vita – scrive ancora la religiosa –, da noi ciò incontra una difficoltà tutta particolare legata in parte al contesto culturale, ma soprattutto alla grande povertà personale e sociale, alla mancanza di strutture adeguate per la cura e all’assenza dello Stato, dato che qui in Togo attualmente crisi sanitaria e crisi politica coabitano”.
Ma come si comporta la gente? “In un promo tempo la gente non veniva a farsi curare, un po’ perché pensava che i luoghi di cura potevano essere anche luoghi di contaminazione, ma anche perché la povertà si sta trasformando in miseria dal momento che i prodotti agricoli non circolano più perché le strade sono sbarrate”. A peggiorare la situazione è anche la condizione meteo con l’inizio della stagione delle piogge ed è il periodo della malaria che resta anche per l’Africa la malattia che uccide di più; si aggiunga anche che si sta registrando un aumento di casi di tubercolosi e malnutrizione e allora si capisce che è il quadro è davvero drammatico.
“Noi stiamo facendo una grande attività per dare alla popolazione una giusta informazione – afferma suor Dores – utilizziamo per questo anche le radio parrocchiali e passando nei villaggi più dispersi con la macchina e il megafono. In questi nostri giri diamo le informazioni ma soprattutto cerchiamo di renderci conto della situazione, di aiutare veramente chi è senza cibo o necessita di qualche medicina particolare. In queste ultime settimane la frequenza degli ammalati ai vari centri si sta riprendendo, perché le persone si rendono conto che solo al centro trovano aiuto. Al momento non abbiamo registrato casi positivi nel Centro sanitario, ma è anche vero che non abbiamo la possibilità di fare il tampone, ma tante persone - bambini, giovani e adulti - per la ragioni spiegate sopra, arrivano da noi in situazioni pietose, a volte irrecuperabili”.
“Anche sul piano educativo (le scuole e i centri di formazione sono chiusi e non si sa se e quando riapriranno) - sottolinea suor Dores – abbiamo cercato di essere vicine ai bambini, ai giovani, alle famiglie attraverso trasmissione alle radio. La gente partecipa, risponde. chiede informazioni e sentendo la nostra voce capisce di non essere stata abbandonata”.
Si uscirà da questa traversata del deserto? È una domanda che si pongono anche le suore ma “siamo convinte che qualcosa di buono e di nuovo nascerà – conclude con una punta di ottimismo la sua lettera suor Dores – e che insieme ci aiuteremo ad andare avanti sorreggendoci reciprocamente”.

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