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I social network e la generazione dei nativi digitali

Francesco PiraLa redazione Web&Voce ha intervistato il professor Francesco Pira riguardo i social network e la generazione dei nativi digitali.

Francesco Pira, sociologo, è docente di comunicazione e giornalismo presso l'Università degli Studi di Messina, docente di comunicazione pubblica e d'impresa presso lo IUSVE (Istituto Universitario Salesiano Venezia- sezione aggregata dell'Università Pontificia Salesiana) e presso la Scuola Superiore di Polizia del Ministero dell’Interno. Inoltre, è Giornalista Professionista e Consigliere Nazionale dell'Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica.

Insignito dal Presidente della Repubblica Napolitano nel 2008 dell'Onorificenza di Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica, ha vinto nel 2012 il Premio di letteratura nazionale delle ACLI sull'educazione alla legalità. Autore di saggi e monografie sulla comunicazione sociale, pubblica e politica, ha svolto attività di ricerca sul rapporto “Bambini, adolescenti e nuovi media”. E' opinionista del quotidiano Affari Italiani.

Come definirebbe lei i social network?

Internet è un medium e i social network si sviluppano all’interno di questo mezzo appaiono come un ambiente di relazioni in cui si supera il concetto di fisicità per entrare in una nuova dimensione di relazioni tra individui. In un mio libro ho utilizzato la definizione contenuta in un recente volume da due studiosi italiani Cavallo e Spadoni: social network indica una categoria che comprende numerosi siti internet che danno la possibilità agli utenti registrati di interagire e mantenere contatti tramite diverse modalità di comunicazione. Questa convinzione veicolata sia dai tradizionali mezzi d’informazione sia da quelli di ultima generazione, porta così ad additare i social network come prodotti del web e in particolare dell’attuale versione 2.0; in quanto tali riflettono l’orientamento che la società ha intrapreso con l’avvento dell’età dell’informazione, per usare l’etichetta indicata da Manuel Castells, caratterizzata dall’internet boom e dal dominio indiscusso delle innovative possibilità garantite dal nuovo medium. Numerose pratiche tipiche della società, finiscono nel mondo virtuale adattandosi alle sue regole e perdendo in alcuni casi il legame con le proprie origini; in questo passaggio rivoluzionario esse si trasformano e acquistano nuovi significati, alla luce dei cambiamenti tecnologici e sociali.

Il fatto che le nostre pratiche relazionali assumano un significato diverso, perdendo come sostengono Cavallo e Spadoni il legame con le proprie origini, apre lo spazio a una riflessione importante e approfondita sul come i nostri riferimenti si stiano modificando.

Se da una parte la nostra dimensione relazionale si è modificata e si amplificata, la nostra dimensione sociale si genera tutta all’interno dell’arena mediatica di cui anche i social network fanno parte. Castells nella sua analisi parla di resistenza comunitaria ed proprio il fenomeno che si sta sviluppando attraverso il web.

Oltre a essere un mezzo di comunicazione, possono veicolare in poco tempo le notizie. Li considera un appropriato mezzo d’informazione?

Il fenomeno dell’autocomunicazione di massa come lo ha definito Castells, ha certamente cambiato in modo drastico il modo far circolare le informazioni e di fare comunicazione, siamo diventati nodi della rete, non siamo più solo il punto finale, diffondiamo a nostra volta e le nostre scelte influenzano il traffico di dati sul web. Sono un mezzo per acquisire notizie e per condividere notizie. I social media sono anche fonte per i giornalisti che trovano molti spunti per i loro articoli o servizi, o immagini o video sui social.

Come vede il rapporto fra questi e i giovani d’oggi?

E’ molto difficile rispondere brevemente a questa domanda. Le dico che le nuove tecnologie sono una grandissima opportunità per educare, formare e trasmettere e ricevere notizie, dati. Possono trasmettere se ben usati conoscenza e cultura. In questi giorni si registrano fatti di cronaca inquietanti che ci fanno comprendere che senza un uso consapevole possono diventare armi micidiali di devianza. I casi di cyber bullismo e sexiting ci stanno preoccupando parecchio e qualcosa va fatto.

Se fossero stati introdotti in precedenza, ad esempio negli anni ’80/’90, avrebbero avuto un impatto diverso sui giovani di quella generazione?

Mio nonno diceva che ogni cosa vive nel suo tempo. Difficile pensare come poteva essere. Noi eravamo giovani di quei tempi pieni di nostalgia perché non avevamo fatto il 68. Una generazione di mezzo che ha pensato tantissimo a come far soldi e a dare ai nostri figli tutto quanto noi non abbiamo avuto. E forse anche questo ha consentito derive pericolose. Ricorda la pubblicità di una nota azienda telefonica …se Ghandi avesse avuto internet? Mi è sembrata una cosa fuori luogo…e se lo avesse avuto Hitler?

Come si potrebbe aiutare o consigliare i giovani nell’uso moderato di questi siti?

I giovani non ascoltano sempre gli adulti. Ma gli adulti oggi non parlano con i giovani. C’è la quasi totale incomunicabilità nell’era dei tanti canali di comunicazione. Occorre formare genitori ed insegnanti. Poi loro possono parlare alla pari con i digitali nativi e con i mobile born.

Trova che i genitori, o le persone di riferimento, possano essere d’aiuto?

I genitori hanno perso autorevolezza. Sono indispensabili e sono genitori. Devo fare bene il loro lavoro di genitori. Si parla di nuova genitorialità che non può prescindere anche dalla conoscenze delle nuove forme di comunicazione. Siamo perennemente connessi ma abbiamo poche relazioni.

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