COLLABORAZIONE Pastorale di Cormòns - Parrocchie di Borgnano, Brazzano, Dolegna del Collio e Cormòns
Il Duomo di Sant’Adalberto, come tutte le altre chiese della Collaborazione pastorale, durante le Messe natalizie è stato gremito di fedeli. Tanti con tante storie diverse, c’è chi si soffre per malattie o lutti, chi è alla difficile ricerca di un lavoro e chi fatica ad arrivare a fine mese; c’è chi porta dentro di sé i propri fallimenti; c’è chi porta in grembo un bambino o è diventato mamma e papà; chi è felice perché ha trovato l’amore e chi sta realizzando i propri sogni. “Ognuno di noi - come ha detto monsignor Paolo Nutarelli alla Messa della notte di Natale - è un libro, anzi una storia, unica e irripetibile. Tu sei qui perché senti il bisogno di qualcosa, che ti dica che tu sei importante. E al di là delle tue mancanze, dei tuoi vuoti, tu sei importante”.
“Il cristianesimo è la Fede di chi crede che il Dio creatore dell’Universo, l’inaccessibile, ora è qui – ha proseguito il parroco -. È diventato uomo perché l’uomo possa diventare come Dio. Perché l’uomo torni a essere uomo. Qualcuno dice che i cristiani sono ingenui, folli, creduloni, Ma se tu sei qui, questa notte, è perché senti il bisogno di qualcosa o Qualcuno che ti dia speranza, coraggio e forza!”.
Richiamandosi al brano del Vangelo di Luca, nel quale i pastori all’annuncio della nascita di Gesù, vanno alla ricerca di “un bambino, avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”. Non è facile muoversi nella notte, radunare le pecore, lasciare il comodo giaciglio. E poi cercare nelle stalle, nelle periferie del paese, provare ora qui ora là. A quei tempi non c’era la torcia del telefonino, né un faretto puntato sulla grotta, se vogliamo trovare bisogna fare la fatica del cercare e prima ancora lasciare.
Ecco le tre parole -trovare, lasciare, cercare - sulle quale monsignor Nutarelli ha incentrato la sua omelia. “Se vogliamo trovare è necessario prima lasciare - ha detto il sacerdote -: per, mettersi sulla strada occorre abbandonare ogni sicurezza, il tepore della casa. Non è facile perché forse noi non vigliamo cambiare e ogni novità ci mette in discussione, ti dà fastidio; lasciare significa fare una scelta, che nessuno di noi può delegare agli altri”.
Lasciare per iniziare a cercare. “Cercare significa anche liberarsi dalle paure – continua l’omelia -: quella dell’insufficienza, dei tentativi di andare a vuoto, del fallimento, del cominciare da capo, delle vie tortuose, cercare è liberarsi della parte dell’altro, l’altro che cerca la stessa cosa come me non è un concorrente alla mia felicità e cercare è anche liberarsi del già visto, dalla strada certa. Non c’è un navigatore o una “app” capaci di guidarci verso una méta che non sappiamo dove sia”.
Resta trovare, che è l’aspetto del Natale più difficile perché “non è detto che si trovi ciò che si è cercato o cosa pensavamo di trovare. “Dio è imprevedibile e incredibile – la riflessione di monsignor Nutarelli – è il Dio della gloria ma non abita nella gloria, è il Dio della luce che non abita nella luce, non è un Dio palese ma un Dio che ama nascondersi. Eppure ci consegna dei segni per essere riconosciuto”. E quali sono: un bambino e una mangiatoia. “Un bambino è il segno della debolezza – ha sottolineato il parroco – non vive se qualcuno non si prende cura di lui. Come mai Dio ha scelto di manifestarsi in chi non è forte, né potente, non esercita alcun potere? Perché noi abbiamo paura di Dio e invece chi ha paura di un bambino appena nato?”
La mangiatoia rimanda al mangiare e Betlemme significa la casa del pane. “Dio desidera diventare cibo perché desidera essere in noi - ha sostenuto monsignor Nutarelli –. Coltivare la Fede non è tempo perso, ma è tempo nel quale rileggere la propria storia e riprendere in mano il libro della propria vita. E quando dai spazio a Dio tutto ma proprio tutto assume un nuovo colore, nuove sfumature che ti spingono ad aprirti, che ti danno coraggio ed entusiasmo, che ti fanno sognare e ti permettono di cambiare e ricambiare. E quando trovi Dio impari a chiedere scusa e a perdonare, a stringere mani e non battere i pugni, a dialogare e non urlare, ad ascoltare, cerchi di guardare il positivo negli altri, l’altro non ha sempre torto a priori. Quando trovi Dio in un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia, forse capisci che orgogli, prese di posizione, punti fermi sono relativi.
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