COLLABORAZIONE Pastorale di Cormòns - Parrocchie di Borgnano, Brazzano, Dolegna del Collio e Cormòns
Lunedì 16 luglio don Fausto Furlanut ha raggiunto il traguardo delle 80 primavera. Ottant’anni di vita e 55 di sacerdozio contrassegnati da numerosi impegni pastorali iniziati nel settembre 1963 con il primo incarico come cappellano della parrocchia del Duomo di Gradisca; poi due anni Pieris e quattro, dal 1966 al 1970 alla parrocchia di Largo Isonzo, a Monfalcone. In quell’anno monsignor Pietro Cocolin gli affida la prima parrocchia, quella di Moraro dove rimane due anni.
Nel 1972 don Fausto si sposta di pochi chilometri, a Mossa, dove rimane per 15 anni, fino al 1987, anno in cui viene mandato a Gradisca per guidare la parrocchia di San Valeriano: sarà l’ultimo parroco perché nel 1994 la parrocchia viene aggregata a quella del Duomo. Don Fausto rifà le valigie destinazione San Pier d’Isonzo. Nel 2007 lascia la parrocchia per Cormons dove ancora svolge il compiuto di aiuto nella Collaborazione pastorale. In particolare ha preso cura delle comunità di Dolegna del Collio, quasi per un omaggio alla memoria di don Silvano Pozzar, che fu suo compagno di studi in seminario ma anche suo paesano (entrambi nati a Fiumicello). Tante parrocchie, molti legami che il tempo non ha cancellato.
Cosa sono stati i suoi 55 anni di sacerdozio?
“I miei primi anni di sacerdote sono stati dedicati ai ragazzi, ai giovani, curavo le associazioni, insegnavo a scuola, alle elementari, ma anche agli studenti dell’Istituto agrario di Gradisca”, racconta in quella che più di un’intervista è una amabile conversazione, interrotta frequentemente dallo squillo del cellulare: sono numerose le persone che si rivolgono a lui per una parola, un consiglio, un aiuto anche materiale. E per tutti ha una parola dolce e rassicurante.
E poi?
“Man mano che il tempo passava, la mia attenzione si è rivolta agli ammalati e agli anziani, verso le persone in difficoltà realizzando così anche l’insegnamento del Vangelo”. Ancora oggi, pur con gli acciacchi dovuti all’età, non si tira indietro, è sempre in prima linea: “Ho alle spalle 38 pellegrinaggi a Lourdes (l’ultimo lo ha concluso pochi giorni fa, ndr) e sono stato anche assistente dell’Unitalsi”.
Cosa chiedono le persone che si rivolgono a lei?
“Oggi più che mai la gente cerca qualcuno che le ascolti. Oggi, nella società attuale, chi è in difficoltà spesso cerca persone che possano illuderle e c’è che si rivolge a maghi e veggenti. Quando si accorgono che la strada è sbagliata, allora si rivolgono in altra direzione e cercano il prete”.
Cosa più fare il prete?
“Innanzitutto negli incontri con le persone cerco di far entrare in loro un po’ di speranza”.
C’è un ritorno alla fede?
“Oggi la Fede è qualcosa di superficiale. Manca il dialogo, le famiglie sono preoccupate principalmente di soddisfare il proprio benessere e manca la dimensione spirituale. Una volta le persone erano più ricche di valori. Oggi è necessario far capire che la Fede non solo tradizione ma deve essere convinzione”.
Oggi c’è carenza di sacerdoti. Perché?
“I motivi sono vari. Ci sono meno figli, c’è nei giovani la ricerca del benessere e rifuggono spesso dagli impegni duratori come può essere quello del sacerdote. Percepiscono che fare il prete oggi è troppo difficile e impegnativo”.
Ma è difficile fare il prete?
Non è difficile. Si è vero, ci sono tante incombenze e anche pesanti ed è un impegno per sempre. Ma ne vale la pena”. Ad multos annos, don Fausto.
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