COLLABORAZIONE Pastorale di Cormòns - Parrocchie di Borgnano, Brazzano, Dolegna del Collio e Cormòns
“E’ tornata dall’Africa! Com’è andata? Quanta miseria?” E’ difficile per Marta rispondere con un semplice “tutto bene” o “eh, tanta” e non ripensare alle emozioni, alle relazioni, alle persone che ha da poco lasciato a Bujumbura, in Burundi.
Marta ha passato un mese nel “Centre Jeune Kamenge”, un centro di aggregazione giovanile nei quartieri nord della Capitale, i più poveri, portato avanti dal lavoro di Padre Claudio Marano, frate saveriano di Trivignano, che ha fondato il Centro nel 1992 e l’ha tenuto aperto che nei peggiori anni della guerra.
In che cosa è consistita la tua esperienza africana?
Ero ospite del Centro di Padre Claudio, che offre ai ragazzi dei quartieri più poveri una possibilità di svago e di crescita. Il Centro è una struttura molto grande, con campi sportivi, sale di svago, una biblioteca e aule per i corsi. Qui viene data ai ragazzi la possibilità di giocare, di avere una passione (musica, teatro, sport), trasmettendo un messaggio di riconciliazione e verità, determinante affinché i giovani superino il dramma delle guerre etniche che per decenni hanno devastato il Burundi.
Come si svolgeva la tua giornata tipo?
La mattina, assi
eme ai ragazzi del Centro, andavamo a fabbricare mattoni di argilla per chi aveva bisogno di costruire una casa nei quartieri nord. Qui la povertà e dilagante, mancano le strade, spesso l’acqua e l’elettricità va a singhiozzo, nonostante si sia nella Capitale.
Il pomeriggio lo passavamo nel Centro, assieme ai ragazzi. Dopo poco tempo sono stata affiancata agli animatori, anch’essi giovani del luogo, che forniscono la possibilità ai ragazzi di fare qualcosa, anche fosse solo una partita di calcio. Può sembrare superfluo, ma i ragazzi di questi quartieri non hanno nessuna possibilità di studiare, di giocare né tantomeno di crescere con dei riferimenti. Nel Centro si svolgono anche diversi incontri in cui si cerca di far capire l’importanza della pace e della tolleranza.
Il Paese ha sofferto molto negli ultimi cinquant’anni. Come si rispecchia questo nella vita di questi ragazzi?
Il Burundi ha vissuto solo negli ultimi vent’anni diversi colpi di stato, con una conseguente guerra civile tra le due principali etnie del Paese: Hutu e Tutsi. Solo nel 2005 si è avuta un’interruzione delle ostilità che ha portato a libere elezioni. Lo Stato attualmente è assente in ogni frangente: non ci sono infrastrutture adeguate, mancano servizi, luoghi di crescita e aggregazione, ma soprattutto manca il lavoro. Le famiglie si sostengono spesso grazie a qualche parente (nessuno patisce la fame o la sete), ma la cosa peggiore è il vuoto delle loro giornate. L’istruzione, presente soprattutto nei maschi, è a livelli molto bassi. Sono pochi quello che hanno veramente la possibilità di studiare.
Il Centro s’inserisce in questa prospettiva: fornire ai ragazzi una passione, un senso alle loro giornate e allo stesso tempo dare un messaggio di tolleranza.
Dal punto di vista umano, è stato difficile tornare a casa?
Tutti i ragazzi sono stati molto ospitali e simpatici. E’ vero che là i “bianchi” sono pochi e quindi oggetto di molte attenzioni, ma nonostante ciò posso dire di aver vissuto dei momenti di intensa felicità, Ho trovato persone che, nonostante avessero vissuto nell’infanzia o nell’adolescenza eventi terribili dovuti alla guerra, non ne davano per nulla a vedere. E’ vero, c’è molta confusione soprattutto nei giovani su come affrontare il passato: spesso vorrebbero semplicemente dimenticare tutto come se nulla fosse mai accaduto.
Ho avuto anche occasione di incontrare Suor Lina Cucit, originaria proprio di Cormòns, in Burundi da ormai 40 anni. Lei non risiedeva nella capitale, ma svolgeva il suo servizio in un villaggio poco fuori dalla capitale, dove mantiene una scuola che insegna i mestieri ai ragazzi, ma che aiuta anche nella vita di tutti i giorni le famiglie presenti. Mi ha molto colpito il sue entusiasmo, la sua fede incrollabile, nonostante la forte miseria presente in tutto il Paese.
Per saperne di più sul “Centre Jeune Kamenge” o per fare una donazione, visita http://www.cejeka.org
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