COLLABORAZIONE Pastorale di Cormòns - Parrocchie di Borgnano, Brazzano, Dolegna del Collio e Cormòns
Il 6 giugno 1976 nella Casa del Mobile a Cormòns, attuale Casa dell’Agricoltura in via Gramsci, quattro ragazze, che avevano dai 19 ai 22 anni, recitano la loro promessa scout riiniziando l’esperienza del guidismo, scoutismo femminile, a Cormòns. La scelta di queste quattro giovani, Marisa, Antonella, Gianna e Nadia, ha permesso la continuità storica del gruppo scout cormonese. Nel 1974, infatti, le due associazioni scoutistiche cattoliche, quella maschile ASCI e quella femminile AGI, si sono fuse nell’AGESCI. L’AGESCI ha richiesto da subito la presenza nei suoi gruppi scout di ragazze e ragazzi. La storia del guidismo cormonese nasce con l’AGI il 10 luglio 1955. L’esperienza del gruppo delle guide del Cormòns 1° si interrompe purtroppo per mancanza di donne capo nel 1967. Come redazione Web&Voce abbiamo voluto intervistare Marisa, Antonella, Gianna e Nadia per raccontarci la loro esperienza.
Quello che sorprende della vostra scelta è il coraggio: il coraggio di iniziare l’avventura dello scoutismo femminile non seguendo la pista tracciata da altre ragazze. Il coraggio di iniziare il cammino scout non in età infantile, dove il gioco diventa la motivazione per diventare lupetto, ma in un’età più adulta dove lo scoutismo richiede impegno e responsabilità. Il coraggio di fare questa scelta nell’anno del terremoto che per tutti i friulani è stato un evento che ha sconquassato le coscienze creando un senso di paura e insicurezza. Dove avete trovato le motivazioni per questa scelta così coraggiosa?
La prima cosa che dobbiamo sottolineare è che tutte noi quattro eravamo spinte da una fede in Gesù e nel Vangelo che permeavano tutte le scelte della nostra vita. Non si può dimenticare l’entusiasmo giovanile che ci spingeva a sognare e a progettare in grande. Nel 1976, infatti, eravamo molto giovani, avevamo dai 19 ai 22 anni. Inoltre ci ha spinto l’entusiasmo e la condivisione dei valori. Eravamo legate da una forte amicizia da diversi anni: andavamo a scuola insieme in treno. Per far capire la grande amicizia, che ci legava, basta ricordare che a Cormòns noi quattro ci chiamavano le “quattro dell’Ave Maria”, perché andavamo insieme a pregare il Rosario.
Tutte quattro avevamo una forte appartenenza nella comunità parrocchiale cormonese e avevamo vissuto l’adesione a gruppi parrocchiali giovanili. Una di noi era stata coccinella nell’AGI cormonese prima della sua chiusura. Andavamo abitualmente nel ricreatorio che era un forte punto di riferimento per i giovani.
E’ vero che quando abbiamo iniziato l’esperienza scout non potevamo seguire la strada tracciata da altre ragazze, ma c’erano i ragazzi nostri coetanei che vivevano l’esperienza scoutistica nell’ASCI cormonese. Vedendo loro e discutendo con loro ci affascinava l’avventura scout che vivevano nello scoutismo. La domanda, che ci frullava in mente in quegli anni, era: perché l’esperienza scout non può essere vissuta anche dalle ragazze ma solo dei ragazzi? Ad aiutarci a rispondere a questo interrogativo è stata proprio l’Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani. L’AGESCI, infatti, subito dopo la fusione tra AGI e ASCI, ha lanciato la riflessione sulla coeducazione (l’educazione di ragazzi e ragazze insieme ndr) negli anni 70 dove l’attenzione dell’approccio di genere non era ancora un argomento di discussione comune nella società.
Potete raccontarmi i vostri primi anni di guidismo?
Come abbiamo già detto avevamo dai 19 ai 21 anni nel 1976. Nell’anno associativo 1975-76 abbiamo vissuto un anno di clan assieme ai rover. E’ stata una necessità perché altrimenti il gruppo non era più censibile perché dopo la fusione A.G.I. e A.S.C.I. ci doveva essere nei gruppi scout la componente femminile. Il nostro capo clan era Marino Rosolin che poco tempo fa ci ha preceduto alla casa del Padre. Marino era molto divertente, ma allo stesso tempo ci ha presentato la serietà di un metodo. Marino, assieme agli aiuto capi Sandro e Aldo, trasmettevano il loro entusiasmo e la loro esperienza.
Un grosso aiuto ci hanno dato gli scout con più competenza che hanno avuto sempre un’attenzione particolare per noi che non avevamo esperienza scoutistica.
A causa del terremoto del 1976 abbiamo capito subito che lo scoutismo non è solo spensieratezza ma soprattutto la serietà del servizio. Il 6 giugno abbiamo fatto la promessa e in agosto eravamo a un campo di lavoro in Val Racolana dove eravamo impegnate, assieme ai ragazzi, nella ristrutturazione post terremoto, ma anche in attività di animazione e doposcuola ai ragazzi. Non possiamo dimenticare che, già prima della promessa, nei giorni immediatamente successivi del terremoto eravamo andati a servire le comunità colpite dal sisma.
Potete raccontarmi l’emozioni che avete provato il 6 giugno del 1976, il giorno della vostra promessa?
Era la prima volta che abbiamo preso consapevolezza dell’impegno serio e della dimensione di ampio respiro, perché c’erano tutti i gruppi della Zona di Gorizia e la cerimonia era inserita in una Celebrazione Eucaristica.
La cerimonia è stata fatta nella Casa del Mobile, attuale casa dell’agricoltura, perché le chiese non erano sicure dopo il terremoto e non c’erano altri spazi che erano capaci di contenere tanta gente e permettessero l’evacuazione in caso di scosse.
Dopo la promessa noi quattro siamo stati accolti in comunità capi. Eravamo una bella comunità capi che si è costituita nell’ottobre di quell’anno e tutti condividevamo gli stessi valori.
Cosa è rimasto della vostra esperienza scoutistica?
Essere uomini e donne di relazione, vivere la dimensione comunitaria, la responsabilità e il servizio verso gli altri, il sentirsi Chiesa, l’attenzione ai piccoli e l’amore verso il creato, che rappresentano i valori e lo stile scout. Questi valori li abbiamo vissuti sempre e li viviamo ancora, ma erano già in embrione in noi prima di iniziare l’esperienza scout. Lo scoutismo però li ha rafforzati.
Quando vedi con gli occhi scout ti vedi con il fazzolettone al collo anche se in quel momento non lo hai. Prendi così una decisione, non per abitudine ma per scelta, guardando ogni singola persona, soprattutto se è più debole, più emarginata, più sola.
Ancora oggi, dopo tanti anni che non siamo più censiti (iscritti ndr) ad un’associazione scout, il vedere delle guide e degli scout che vivono delle scelte di impegno e di responsabilità e di servizio ci riempie di gioia.
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